Il Presidente ucraino Petro
Poroschenko ha convocato d’urgenza i propri consiglieri per la sicurezza, al
fine di valutare le strade da perseguire per affrontare la miccia innescata
dalle elezioni organizzate (e vinte) dai separatisti delle regioni orientali di
Donetsk e Luhansk. La posizione di Kiev è di netta condanna di quella che viene
definita una “farsa elettorale”, incoraggiata da Mosca, in palese violazione
degli accordi di Minsk del 5 settembre scorso, che prevedevano l’elezione di
rappresentanti locali sotto l’esclusiva legislazione ucraina. Di uguale tenore
è la posizione degli Stati Uniti che, tramite la portavoce della Casa Bianca
Bernadette Meehan, definiscono illegittime le elezioni di domenica nelle
regioni separatiste e minacciano un inasprimento delle sanzioni contro la
Russia se questa continuerà nei tentativi di legittimare le istanze dei ribelli.
La stessa Merkel ha definito incomprensibile il tentativo di Mosca di
riconoscere la validità delle elezioni, ventilando l’ipotesi di uguale inasprimento
delle sanzioni da parte dell’Unione Europea.
Putin potrebbe esporre la propria
posizione ufficiale nella giornata di oggi, nella cornice di una cerimonia
presso la Piazza Rossa, ma l’atteggiamento della Russia e dei separatisti
ucraini è apparso già abbastanza chiaro nella giornata di ieri. Mosca, pur non
parlando apertamente di riconoscimento ufficiale del voto, sostiene che i
neo-eletti Alexander Zakharchenko (a Donetsk) e Igor Plotnisky (a Luhansk)
abbiano pieno titolo e mandato per negoziare con Kiev, in quanto sostenuti dal
voto popolare. Lo stesso Primo Ministro dell’auto-proclamata Repubblica
Popolare di Donetsk ha dichiarato che le elezioni non contraddicono
assolutamente gli accordi di Minsk i quali, a suo avviso, prevedevano il pieno
diritto per i territori orientali di procedere a consultazioni elettorali volte
alla nomina dei propri leader. Zacharchenko ha lanciato anche un messaggio a
Poroschenko sostenendo che la Repubblica di Donetsk è aperta al dialogo con
Kiev, ma attende uguali segnali in questo senso da parte del governo ucraino.
La situazione appare dunque
alquanto intricata. Nel timore di perdere, dopo la Crimea, anche le due regioni
orientali Poroschenko s’è detto disponibile a valutare una serie di norme che
garantiscano uno statuto speciale alle aree di fatto in mano ai separatisti ma,
ovviamente, all’interno della giurisdizione ucraina, non certo alle condizioni “sussurrate”
dalle pressioni russe. Dal canto suo Putin pare giocare una specie di partita a
Risiko con l’Ucraina e l’occidente. Da un lato, dopo varie minacce, chiude i
contratti per la fornitura di gas verso Kiev e l’Unione Europea, dall’altro
mantiene il sostegno alle istanze separatiste filorusse delle regioni dell’est
ucraino. Stuzzica la Nato con un aumento delle missioni aree nei cieli
internazionali attorno allo spazio aereo dell’Alleanza Atlantica, rendendo
alquanto nervosi i vertici di Bruxelles. La stessa Nato ha espresso parere
negativo circa le elezioni organizzate nelle regioni di Donetsk e Luhans
sostenendo, già il 31 ottobre tramite il proprio Segretario Generale, che “the planned elections undermine efforts towards a resolution of the conflict. They violate Ukrainian laws and run directly counter
to the Minsk agreements”, e che “NATO fully
supports the sovereignty and territorial integrity of Ukraine. I call on Russia
to respect its Minsk commitments, which could help pave the way for a peaceful
solution.”
La
partita ucraina, che sembrava ammorbidirsi dopo gli accordi di Minsk, è di
fatto tutt’altro che congelata, stretta nella morsa degli interessi geopolitici
di Putin e dall’interesse dell’occidente a non perdere la “vicinanza” di uno
stato cuscinetto chiave per gli equilibri dell’est Europa. Sarà interessante
valutare se, e in quale misura, l’Unione Europea sarà disposta a proseguire la
strada delle sanzioni economiche contro le interferenze russe. Le contro-sanzioni
imposte da Mosca verso le importazioni dall’Ue, infatti, stanno creando non
pochi problemi a diversi settori economici europei che vantavano grossi
rapporti di esportazione proprio verso la Russia. Lo scacchiere ucraino sarà
dunque un test alquanto problematico per la nostra Lady Pesc, Federica Mogherini.
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