"In un regime totalitario gli idioti ottengono il potere con la violenza e gli intrighi... in una democrazia, attraverso libere elezioni..."

venerdì 22 luglio 2016

IL CONTRO-GOLPE DI ERDOGAN E L'UTOPIA DELLA LAICITA'

Autore: Emiliano Bonatti


La reazione di Erdogan al buffo tentativo di Colpo di Stato del 15 luglio scorso si è abbattuta come un tornado sugli apparati statali da lui considerati poco “fedeli”. Il contro-Golpe è andato a colpire ben oltre quella parte di esercito che ha materialmente tentato la sorte, ma si è ampliato ad altre istituzioni che il nuovo Sultano ha intenzione di “ripulire”: la Magistratura, parti della Polizia, il mondo della scuola e delle università. I media parlano di oltre 50.000 persone coinvolte in questa vera e propria epurazione. C’è, però, un’altra vittima importante di questo pugno di ferro, ovvero quella laicità delle istituzioni che nei paesi islamici appare sempre più un’utopia irraggiungibile. Anche la Turchia, considerata per decenni il paese mediorientale più moderno e laico, sta subendo una deriva ormai inarrestabile verso l’islamizzazione dello Stato.


Ed è proprio da qui, ovvero dall’incapacità delle società islamiche di affrancarsi dal precetto religioso nella gestione della cosa pubblica, che iniziano le inevitabili frizioni e difficoltà di dialogo con le culture occidentali. Il vero, autentico, punto focale per lo sviluppo dei nostri regimi democratici è stata l’espulsione della religione dalle istituzioni che guidano lo Stato che l’ha traslata, e garantita, al rango di pieno diritto della sfera privata di ogni singolo cittadino ma non come guida dell’intera società. Il processo di costruzione sociale della democrazia è stato lungo e tortuoso: è passato attraverso le guerre di religione, la nascita non certo incruenta degli Stati Nazione, la Rivoluzione francese, l’Illuminismo, la Restaurazione, gli orrori del Novecento. Ma è proprio grazie a questo percorso che le società occidentali hanno costruito al proprio interno le basi per lo sviluppo di solide istituzioni democratiche. La Democrazia non può essere imposta dall’alto, o peggio ancora “esportata”: se la società non è pronta, la Democrazia è destinata al fallimento. Ed è questa, ormai, la situazione certificata dei paesi islamici. L’illusione delle primavere arabe, appoggiate in diversi casi dalle armi occidentali, ha restituito uno scenario desolante. Nei paesi in cui si sono svolte elezioni più o meno regolari la vittoria è andata puntualmente a partiti islamici o islamisti che hanno tentato da subito l’introduzione dei precetti religiosi nelle relative Costituzioni. Negli Stati falliti (come Irak, Siria, Libia) lo Stato Islamico ha preso il potere in maniera cruenta all’interno di guerre tribali o nell’infinita lotta intestina tra sunniti e sciiti. L’Islam, di fatto, è stato per le società arabe un fattore di immobilità sociale devastante e per il momento non sembra possibile vedere all’orizzonte strade alternative e modernizzanti.



E qui si torna al nodo principale, ovvero alla possibilità di un dialogo reale o di una pacifica convivenza tra società profondamente differenti. Credo che l’Europa debba continuare sul proprio percorso di dialogo e accoglienza, ma rovesciando completamente un modello di integrazione che sta dimostrando sempre di più il proprio fallimento. Innanzitutto dovrebbe smettere di negare se stessa per paura di offendere qualcuno o per paura di sentirsi accusata, in maniera del tutto strumentale, di essere razzista. I popoli europei hanno raggiunto conquiste inarrivabili in termini di diritti civili e di libertà e devono ricordare ogni giorno a qualsiasi ospite che quei diritti sono la linea al di sotto della quale non è tollerabile andare. L’Europa non può azzerarsi per paura di sembrare quello che non è: il rischio di questo assurdo avvitamento su se stessa in nome del political correct, e la mancanza di qualche risposta forte nella gestione delle problematiche connesse alle follie del terrorismo di matrice islamica, è quello di lasciare campo aperto alla nascita degli Hitler del futuro. Il terreno, purtroppo, è già fertile e non molto diverso da quello degli anni ’30 del novecento: una perdurante crisi economica e un potenziale nemico su cui riversare qualsiasi colpa e contro il quale aizzare le masse. 

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